Allontanamento del coniuge dalla casa coniugale

Allontanare il coniuge dalla casa familiare ha delle pesanti ripercussioni legali in caso di separazione e non si deve mandare via dalla casa in comune il marito o la moglie per via delle conseguenze

Prima della separazione non si può mandare via il coniuge di casa, allontanandolo dall'abitazione familiare. L'allontanamento del coniuge dalla casa familiare porta con sé pesanti conseguenze in sede di separazione e non è pertanto la strada da percorrere per mettere fine alla convivenza con il coniuge diventata ormai intollerabile.

Al termine di una relazione sentimentale, alle conseguenze di natura emotiva, si vanno ad affiancare quelle riguardanti gli aspetti più pratici della regolamentazione dei rapporti tra le parti. Tra questi, vi è la necessità di porre fine alla convivenza presso la casa coniugale. Va chiarito sin da subito che prima dell’udienza di comparizione avanti al Presidente, salvo ricorrano gravi ragioni, il coniuge non può essere allontanato vista la sussistenza del dovere di coabitazione.

ASSEGNAZIONE DELLA CASA AL FIGLIO IN CASO DI AFFIDAMENTO CONDIVISO


Il problema, peraltro, non si pone unicamente nell’ipotesi di unione matrimoniale, ma anche in caso di convivenza stabile e duratura. Sul punto, è intervenuta la Corte di Cassazione, che, con una recente sentenza, ha escluso che si possa estromettere o allontanare il convivente, e, dunque, a maggior ragione, il coniuge, senza concedere allo stesso un congruo termine per reperire una nuova sistemazione (Corte di Cassazione, Seconda Sezione Civile, sent. n. 7214/13).

Quindi, cosa fare nel caso in cui l’ex partner, che non ha titolo per permanere nell’immobile, non si attivi per reperire una diversa abitazione oppure si rifiuti di farlo?

Innanzitutto, l’interessato a che il compagno liberi la casa di sua proprietà dovrà procedere con l’invio, anche per il tramite di un legale, di una raccomandata con ricevuta di ritorno che specifichi le ragioni per cui la convivenza è divenuta intollerabile e che contenga l’invito a lasciare l’unità abitativa entro un termine adeguato, avvertendolo, inoltre, che, in caso contrario, sarà costretto a rivolgersi all’Autorità Giudiziaria.

Decorso inutilmente il periodo di tempo concesso, non rimarrà che procedere con un’azione giudiziale di rilascio o di restituzione del bene immobile. Ciò detto, quali possono essere le conseguenze nel caso in cui non venga rispettata la procedura appena descritta?

Secondo la Suprema Corte, in sede civile, il rischio che si corre nell’ipotesi in cui il proprietario dell’abitazione dovesse allontanare l’altro dall’immobile è che quest’ultimo agisca con un’azione di reintegrazione del possesso prevista dall’art. 1168 del codice civile. A ciò va ad aggiungersi che tale condotta può costituire ipotesi di reato.

Sotto il profilo della responsabilità penale, infatti, la Corte di Cassazione ha riconosciuto colpevole di violenza privata (art. 610 del codice penale) un cinquantunenne che aveva allontanato dalla casa familiare la moglie, in assenza di una precedente pronuncia dell’Autorità Giudiziaria sull’assegnazione dell’immobile. La Suprema Corte ha, infatti, riconosciuto alla moglie il diritto di fare rientro presso l’abitazione, non ammettendo, così, che il marito potesse escluderla dalla casa coniugale (Corte di Cassazione, Quinta Sezione Penale, con la sentenza n. 40383/12).

In conclusione, in presenza di motivi che rendono intollerabile la prosecuzione della convivenza, è sempre consigliabile non agire frettolosamente e attenersi alle procedure previste dalla legge, onde evitare il rischio di subire un’azione civile o di vedere sporgere a proprio carico una denuncia-querela, con tutte le conseguenze del caso.

A cura dell'Avvocato Francesca Maria Croci
 

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